metallized Fughu

Fughu sono un gruppo autoprodotto argentino che nel 2013 ha realizzato un lavoro molto particolare: The Human. Di norma siamo abituati in ambito progressive a vedere delle uscite di concept album molto complessi e di lunga durata, ma forse mai si era parlato di due dischi paralleli come in questo caso. Human, infatti, è il macronome che apre il titolo dei due dischi,Human (The Tales) e Human (The Facts).


Prima di approfondire l’analisi dei due dischi, facciamo una panoramica generale per capire chi sono i Fughu.

La band è attiva dal 1998 ma nei primi dieci anni di attività produce solo due demo senza ottenere dei risultati degni di nota. Nel 2008 avviene la svolta: i Dream Theater li scelgono per aprire il loro concerto a Buenos Aires. Da qui una spinta positiva li ha portati al rilascio del loro primo LPAbsence, un lavoro che riceve buoni riscontri a livello di critica.

Il genere proposto, anche in questi dischi, è un metal progressive abbastanza ordinario a livello di composizione, che viene impreziosito da una eccezionale teatralità del vocalist Santiago Bürgi. Con il termine “ordinario” s’intende uno stile non particolarmente innovativo, contenente qualcosa di già sentito, però per quanto non ci stupiscano con la novità, i pezzi sono piacevoli ed eseguiti con una impronta abbastanza personale.

Molto interessante è l’alternanza di parti più metal con altre in cui sembra quasi di sentire i Pink Floyd pre-The Dark Side of the Moon; difatti, se estrapolassimo solamente le parti acustiche, potremmo catalogarli tranquillamente come una band space rock. Uno dei punti di forza di questi dischi possiamo individuarlo nella produzione e questa è una caratteristica molto rara per un autoprodotto.

Il disco suona molto più bilanciato e nitido di release molto più sponsorizzate e blasonate. L’unico difetto della stessa è da trovarsi nella scelta dei suoni delle tastiere che a tratti rovinano consistentemente il sound generale.

Una scelta acustica abbastanza particolare la troviamo nell’equalizzazione della batteria. In linea di massima, specialmente nelle produzioni statunitensi, sentiamo una batteria preponderante, che suona enorme e carica di basse frequenze; qui invece la troviamo quasi dietro agli altri strumenti con un’equalizzazione di stampo molto vintage, a differenza di tutto il resto che suona assolutamente moderno.

THE TALES

Dopo una premessa generale sul gruppo e una panoramica sul genere proposto, entriamo nel vivo di uno dei due dischi della serie Human.

The Tales (trad. “I Racconti”) è una sorta di concept album che si articola in sette tracce per una durata approssimativamente di quarantacinque minuti; in realtà non possiamo parlare di un vero e proprio concept, dato che le storie non sono legate tra loro, ma un po’ tutti i brani convergono verso un unico senso, ossia racconti di vita contestualizzati nella realtà del loro paese.

Nei testi leggiamo una, tutt’altro che velata, critica alla condizione spesso estrema in cui sono costrette a vivere le fasce di popolazione meno abbienti. Il tema sicuramente non è innovativo, ma purtroppo è estremamente attuale.

L’artwork raffigura un uomo in giacca e cravatta con un megafono in mano che gli copre interamente il volto, un’immagine che possiamo considerare abbastanza legata alle tematiche trattate nei testi dei brani.

Anche da un punto di vista grafico, seppur estremamente minimale, possiamo parlare di una copertina ben fatta, anche se sarà difficile vedere qualcuno appendersela in camera.
I brani, come anticipato in premessa, non presentano delle caratteristiche particolarmente innovative, però, pur proponendo una tipologia di musica molto sfruttata, i Fughu riescono ad avere un suono loro ed un pregevole songwriting.

Il tutto è impreziosito da una voce particolarmente interessante come quella di Santiago Bürgi; grazie a tutti questi fattori questi ragazzi riescono a regalarci un prodotto interessante dal punto di vista tecnico ed emozionale.Human (The Tales) è un disco che difficilmente può lasciare indifferenti, la teatralità del vocalist è talmente pronunciata e passionale che riesce a trasmettere un’intensa carica emotiva.

THE FACTS

Spendiamo due parole sull’artwork, contenente un’immagine minimalista ma allo stesso tempo pienamente esplicativa del concept del disco.

Vediamo una figura umana in nero in caduta libera tra le nuvole temporalesche. Questa immagine ci rende chiarissimo già il messaggio che trapela dai testi e dalla musica di The Facts.

La durata è abbastanza breve, si sfiorano quasi i quaranta minuti che, date le caratteristiche dell’album, è una durata perfetta per evitare di annoiare gli ascoltatori. Sostanzialmente i due concept si assomigliano, The Tales è incentrato su aspetti più pratici mentre in The Facts sono i dialoghi e l’essenza umana i punti cardine, ma in definitiva entrambi sono incentrati sulla bruttezza e la malignità dell’animo umano.

Rispetto al gemello qui l’impronta è più introspettiva e malinconica. Rimangono invariate le caratteristiche fondamentali della band: l’eccezionale esecuzione strumentale e la teatralità spettacolare di Santiago Bürgi che anche in questo capitolo è probabilmente la migliore freccia nella loro faretra.

I richiami alle grandi band sono perfettamente tangibili, ma il combo argentino riesce a creare una proposta musicale molto personale; qui le influenze floydiane si sentono ancor di più rispetto a The Tales, dando spazio a brani atmosferici, malinconici e oscuri, come avviene nella traccia di apertura Void ma di queste influenze ne è infarcito in realtà tutto il disco.

In generale la parte metal è meno imponente, lasciando più spazio alla psichedelia, avvicinandosi di più al prog rock e piazzandosi in una zona mista tra i due generi. Il brano più “cattivo” è senz’altro la title track, nonché la canzone che chiude l’album; in particolare qui i suoni delle chitarre sono molto pesanti dando uno stacco abbastanza netto rispetto al resto.

The Tales è un blocco unico e non vi sono brani che spiccano in particolare sugli altri, è il tipico disco che deve essere ascoltato tutto d’un fiato; in parte anche The Facts ha queste caratteristiche, ma la proposta è più eterogenea, creando uno stacco maggiore tra i brani.

Proprio in virtù di ciò risulta più facile parlare separatamente dei brani e possiamo dire che un lavoro di ottima fattura che svetta imponentemente sugli altri è Quirk of Fate, brano perfetto da ogni punto di vista.

Colpiscono molto anche l’epicità di Climb e l’elettricità espressa in VaterThe Facts non ha cali di tensione e scorre via in maniera fluida e piacevole, anche se richiede più di un solo ascolto per essere metabolizzato e compreso appieno.

HUMAN

Tirando le somme parliamo di due dischi veramente ben fatti e questo ci spinge a fare una riflessione già trattata in precedenza; spesso sentiamo delle release sotto etichetta che sono prive di ogni dettaglio che possa rendere un disco interessante, con poche idee per di più mal interpretate. Sentendo Human: The Tales/The Facts rimaniamo esterrefatti nel prendere atto che una band così valida debba autofinanziarsi per poter proporre la propria musica.

Quindi la domanda è: quanto incide la provenienza territoriale? Se invece che a Buenos Aires i Fughufossero nati in Scandinavia oggi staremmo parlando di un autoprodotto? Probabilmente non avremo mai una risposta, ma auguriamoci che questi ragazzi riescano ad avere il seguito che meritano anche se provengono da un paese che dona poca visibilità.

Metallized